In occasione della Giornata Nazionale contro i Disturbi dell’Alimentazione, vorrei parlare di una categoria diagnostica di recente attenzione, meno nota rispetto ai più comuni DCA: il Disturbo Evitante/Restrittivo dell’Assunzione di Cibo (ARFID). L’Arfid spesso ha un esordio molto più precoce ed è di difficile individuazione poiché spesso viene sottovalutato e/o confuso con la fase della selettività alimentare tipica dei bambini di età prescolare che invece tende a risolversi spontaneamente.
L’Arfid è un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione (inserito dal 2013 nel manuale diagnostico DSM 5), caratterizzato da incapacità di soddisfare i bisogni nutrizionali e/o energetici come L’Anoressia Nervosa e/o la Bulimia Nervosa, ma si differenzia da queste perché in questo caso la restrizione alimentare (con cui si definisce l’esclusione di una o più categorie di alimenti) non è dovuta alla preoccupazione per il peso o la forma del corpo.
Sono state individuate tre possibili cause che portano alla restrizione alimentare nell’Arfid:
Scarso interesse per il cibo o il mangiare;
Aspetti sensoriali del cibo o del mangiare: odore, vista, consistenza (che causano digusto in soggetti con una sensorialità più acuta rispetto ad altri);
Preoccupazione per le conseguenze avverse dall’assunzione di cibo dovute ad un’esperienza diretta o indiretta (episodi di rischio di soffocamento, reazioni allergiche etc.)
Come in tutti i DCA l’intervento tempestivo è determinante per evitare conseguenze anche gravi soprattutto in soggetti in fase di crescita. Ci sono 4 campanelli d’allarme a cui è possibile prestare attenzione per riuscire a capire se è il momento di chiedere aiuto:
SCARSA CRESCITA E SVILUPPO: a causa dell’apporto calorico inadeguato il bambino ha smesso di crescere (non segue la sua curva di crescita) o lo sviluppo puberale del ragazzo si è arrestato. Nel breve termine si possono presentare anche: stanchezza, scarsa concentrazione e irritabilità marcate;
INADEGUATEZZA NUTRIZIONALE: anche in soggetti normopeso si possono riscontrare insorgenza di stati come: anemia grave, debolezza,rachitismo dovute a carenze nutrizionali (carenze di vitamine e/o sali minerali).
INTERFERENZA SULLO SVILUPPO SOCIALE DEL BAMBINO:il bambino per le sue abitudini alimentari è limitato e/o a disagio nelle attività quotidiane (scolastica, sociale, sportiva);
IMPATTO NEGATIVO SULLA FAMIGLIA: tale disturbo può avere anche pesanti risvolti in famiglia: estenuanti discussioni a tavola e/o limitazioni nel mangiare fuori casa.
Se anche solo una di queste aree risulta impattata è opportuno chiedere supporto per una diagnosi attenta ed eventuali cure e assistenza da parte di specialisti del settore.
Non sempre! è importante tenere presente che una percentuale non trascurabile di bambini in età prescolare (2-5 anni di età), attraversa periodi in cui si accentua la “selettività alimentare” (inizia a restringere la gamma di cibi preferiti) e iniziano le “neofobie alimentari” (fobia verso alimenti nuovi). Questi comportamenti non sono dovuti a “capricci” o a “comportamenti schizzinosi” bensì ad un adattamento evolutivo (maturato in anni di selezione naturale) che preservava i bambini primitivi, i quali venivano facilmente a contatto con: piante velenose e/o cibi pericolosi già a partire dai primi spostamenti in autonomia (gattonare-camminare). Generalmente, questa fase termina entro il terzo anno di età, raramente dura fino ai 5 anni. Se questi problemi dovessero persistere oltre, per il benessere del bambino potrebbe essere comunque opportuno intraprendere un percorso supportati da un nutrizionista.
Come tutti i DCA anche nell’Arfid esistono soggetti più predisposti, ma non è facile individuare un vero e proprio fattore scatenante su cui agire per impedirne l’insorgenza. In generale può essere utile cercare di far fare al bambino esperienza con gusti e sapori prima che intervenga la fase della selettività alimentare, non escludendo alcuna categoria di alimenti perché reputati gusti forti e/o amari (né dall’alimentazione materna in gravidanza e allattamento né durante lo svezzamento). Se un alimento viene rifiutato dal bambino, è importante non desistere e riproporre ciclicamente (almeno 10-15 volte), in diversi formati per dare al bimbo la possibilità di acquisire fiducia verso di esso. Il tutto cercando di mantenere sempre un ambiente sereno e senza imposizioni (nonostante le normali preoccupazioni che inconsciamente ci assalgono). è importante rispettare orari dei pasti, creando il più possibile una routine “positiva e prevedibile”, che dia al bambino sicurezza e lo aiuti a vivere questi momenti con tranquillità. Per non vivere questa fase con eccessive ansie/negatività può essere utile rivolgersi ad un nutrizionista che possa informarci e guidarci verso scelte genitoriali più consapevoli.